Albino Luciani. Giovanni Paolo I

di mons. Ettore Malnati e Marco Roncalli - 1 Settembre 2022

Questa biografia, che esce in coincidenza con la beatificazione di Albino Luciani (il 4 settembre 2022), è stata scritta nel tentativo di offrire pagine utili a conoscere la sua parabola umana e spirituale e il suo ruolo nel ’900. Per questo motivo ha mantenuto costante la preoccupazione di ricostruire, insieme ai tratti della sua figura e ai lineamenti del suo pensiero, fra gesti e parole, anche il contesto storico – e non solo ecclesiale – che, via via, tappa dopo tappa, da seminarista e sacerdote, poi da vescovo nonché padre conciliare, infine da patriarca, cardinale e da pontefice, Luciani ha attraversato.

Eletto con un larghissimo consenso nel primo conclave del 1978 e alla guida della Chiesa cattolica per poco più d’un mese dopo aver avviato il suo pontificato con sei inequivocabili «vogliamo» (parola fino ad allora assente nel suo vocabolario) – il primo avente come oggetto la «prosecuzione dell’eredità del Concilio Vaticano II», seguito da punti come l’evangelizzazione, l’ecumenismo, il dialogo, la pace, capisaldi della futura azione pontificale, insieme alla conservazione della disciplina della Chiesa – Giovanni Paolo I trova qui un profilo “a quattro mani” che ha il vantaggio di vedere unita alla conoscenza di buona parte delle fonti lucianiane (testimoniata da scandagli riportati anche in precedenti scritti a documentare un interesse d’antica data), una conoscenza diretta ed una frequentazione durante periodi di grande importanza nell’ultimo secolo (vissuti accanto ad altri grandi vescovi del Triveneto, tra i quali il vescovo di Trieste).

Indubbiamente un vantaggio nell’esito di questo lavoro, che pur privilegiando gli scritti del biografato, non ha rinunciato a valorizzare interviste e testimonianze raccolte da chi con Luciani ha lavorato, dialogato, talora anche dissentito.

La biografia, senza indulgere all’aneddotica e all’apologetica e poggiando sul rigore documentario, segue le orme del figlio di Giovanni Luciani e Bortola Tancon, da Forno di Canale – il luogo dove nasce e germoglia la sua vocazione sotto la guida del parroco don Filippo Carli – sino al «labirinto di Cnosso», come egli stesso, eletto Papa, definì il Vaticano, dove il suo cuore cessò di battere, mentre era solo, nella sua stanza da letto, la notte del 28 settembre 1978, morte che di fatto è stata raccontata più della sua vita, con gli intenti più diversi. Ma forse, ciò che più diventa interessante, per la documentazione già reperita e senza caricare di enfasi intenzioni e linee programmatiche espresse durante il pontificato ma rimaste nella sua mente o sulla carta, sono proprio le tappe intermedie di questo itinerario di uomo di Chiesa del secolo scorso: per tanti anni in seminario, da studente, da docente, da vicerettore, poi pastore e al contempo uomo di curia, obbediente collaboratore di più vescovi, anche nella Seconda guerra mondiale e nella ricostruzione postbellica e vescovo egli stesso, per undici anni sulla cattedra di San Tiziano a Vittorio Veneto e negli otto successivi su quella di San Marco a Venezia.

Anni lungo i quali il vescovo, che per il cartiglio del suo stemma aveva scelto la parola humilitas, si impegnò nella catechesi, nell’evangelizzazione, nel contrasto alla secolarizzazione, ma pure condivise le ansie di tante famiglie alle prese con problemi occupazionali, fece l’esperienza della «scuola del Concilio» destinata ad incidere sulla sua persona prima ancora che sul suo stile di governo episcopale, obbligandolo – parole sue – ad una «conversione». Un passaggio importante, quasi una cesura nel suo percorso, al quale questo volume dedica ampio spazio, soffermandosi anche sulle relazioni con Giovanni XXIII e Paolo VI (anche grazie a documenti provenienti dai segretari dei due pontefici, Loris Francesco Capovilla e Pasquale Macchi). Ma si ritroveranno qui le posizioni di Luciani su tanti temi, per certi versi nuovi: dalla dottrina cattolica sulla contraccezione ai preti operai, dalle unioni di fatto alle rivendicazioni, religiose e non, legate ai flussi migratori.

Poi ecco arrivare gli anni nella laguna, con problemi ancora vecchi e nuovi, in una diocesi che fatica ad armonizzare passato e presente e che Luciani conosce nelle visite pastorali e nelle celebrazioni, negli incontri e negli scontri – il patriarca è intransigente tanto con i dissidenti delle comunità di base quanto con i gruppi tradizionalisti – con il suo clero e il suo laicato, nel confronto sull’eredità del Concilio. Anni nei quali vediamo l’impegno del pastore e del teologo, a Venezia come alla guida della Conferenza episcopale del Triveneto o ai vertici della Conferenza episcopale italiana. E dove si staglia davanti a noi il padre sinodale, ma pure “l’uomo del Libro e del Calice”, il cardinale “console” di Paolo VI, che in piazza San Marco, nel ’72, si toglie la stola e gliela pone sulle spalle. Un gesto che il pontefice riserva al porporato a lui tanto vicino, che lo segue perfettamente nelle sue indicazioni tra fede e politica, nelle battaglie sul divorzio e l’aborto, sull’inconciliabilità fra marxismo e cristianesimo. Troveranno qui spazio anche episodi al centro di ricostruzioni ufficiali oscillanti (la visita a Fatima e a Suor Lucia dos Santos), una nostra lettura del preconclave e del conclave, quindi – nella seconda metà dell’année charnière del ’78, l’anno della revanche de Dieu – quelle rapide settimane sulla cattedra di Pietro sufficienti a ribadire l’essenzialità del messaggio evangelico con richiami alla povertà mentre la gestione delle finanze vaticane attendeva ordine, giornate sufficienti a dare qualche lezione di umanità chiamando dalla platea i bambini a dialogare con lui in Aula Nervi. Giornate in cui ha continuato a vivere la stessa fede ricevuta in famiglia con la prima educazione, nutrita in seminario, declinata nelle tappe del suo cammino.

Cosa poi realmente sarebbe riuscito a fare non è dato saperlo, mentre non vi sono dubbi sulla sua preoccupazione per la solitudine istituzionale del pontefice e il suo desiderio di comunione, di sinodalità. Senza dimenticare, nel solco dei suoi predecessori, l’impegno per la pace, i suoi auspici affinché la Chiesa potesse offrire il suo contributo a creare quel «clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e di speranza, senza la quale il mondo non può vivere».